Lo stato dell’ “eDiscovery” in Italia …

postato in: Riflessioni | 0

L’ ”electronic discovery” (e-discovery o eDiscovery) , anche se magari poco noto con questo nome,  stà assumendo una rilevanza sempre maggiore  nel corso della vita aziendale.

Potremmo definire eDiscovery  come   la ricerca ed il reperimento di informazioni e documenti elettronici necessari nel corso di  dispute o contenziosi giudiziari o, più in generale, al fine di reperire e fornire “materiale informativo” necessario per l’assolvimento o il soddisfacimento di obblighi  o di norme  e leggi nazionali.  E’ evidente che ancora non tutte le informazioni ed i documenti di un’azienda sono posti in forma completamente elettronica (digitale) tuttavia, come ben sappiamo tutti,  il processo di digitalizzazione in corso  stà rapidamente portando alla prevalenza del “materiale” digitale rispetto a quello cartaceo. Spesso il processo di digitalizzazione non è  ancora  razionalizzato in un “disegno strategico” che,  seppur con gradualità e sostenibilità dei costi, punti ad una armonizzazione graduale di tutta la gestione delle informazioni e dei documenti in forma digitale.

Nel mese di settembre 2011 SYMANTEC ha pubblicato i risultati di un interessante studio dal titolo “2011 Information Retention and eDiscovery Survey”, preparato con l’apporto di circa 2000 aziende di tutto il mondo  e  che ha coinvolto personale legale, amministrativo ed IT delle imprese.

Lo studio  è stato inoltre condotto  tenendo conto delle differenze nazionali,  riportandone i diversi risultati

Symantec 2011 Information Retention and eDiscovery  Survey: risultati Italia (clicca qui)

La natura delle informazioni trattate

Il primo risultato è quello sintetizzato nel seguito:

  • il 61%, i file e i documenti;
  • il 57%, le e-mail e i file SharePoint;
  • il 55%, i dati del database o le applicazioni;
  • Il 48%, i messaggi istantanei e messaggi di testo;
  • il 43%, i social media.

Da esso si constata la molteplicità delle fonti, delle origini e delle modalità che concorrono a formare le informazioni necessarie al processo.   Le email non sono più l’elemento principale ma ad esse si affiancano, ormai con pari peso, tutte le altre forme di comunicazione, esplicita ed implicita, che derivano dall’uso crescente dei “social media” e che si manifestano attraverso  “chat”/messaggi istantanei, l’uso dei social network, dei blog e dei forum ed ogni altra forma di comunicazione, spesso anche multimediale, che concorre a formare informazioni e documenti non strutturati. Molte delle informazioni, inoltre,  sono ovviamente presenti ed estraibili dalle applicazioni aziendali l’ERP per primo, ma anche e sempre più da sistemi CRM e della conoscenza aziendale. Infine “file e documenti” come principale fonte, spesso distribuiti nel sistema aziendale senza una gestione armonizzata ed in assenza di veri e propri  sistemi di gestione documentale.

Riassumendo la molteplicità delle fonti/origini:

  • applicazioni “gestionali” aziendale: ERP, CRM, …
  • strumenti di comunicazione: email, chat/instant messaging
  • social media: social network, blog, forum
  • gestione documentale: archiviazione digitale, conservazione sostitutiva, “gestione cartacea” ,…

Così come è istintivamente assodato che una pura gestione cartacea di  queste informazioni sarebbe assolutamente impossibile in tempi e costi accettabili, altrettanto dovrebbe immediatamente essere evidente   l’indispensabile necessita di affrontare nell’azienda l’armonizzazione di diversi strumenti atti a trattare le diverse fonti, permettendo attraverso l’integrazione e l’interoperabilità la ricerca, il reperimento e, di conseguenza, il buon uso di tutto il materiale informativo e della conoscenza aziendale.

La naturale constatazione che, per la diversità dell’origine e dell’impiego di informazioni e documenti, sono diversi gli strumenti ed i servizi necessari  dovrebbe portare  alla necessità di un “senso strategico” nell’affrontare la digitalizzazione delle informazioni e dei documenti aziendali, ossia alla messa in pratica di azioni che, partendo da esigenze ed obiettivi (in questo caso dell’eDiscovery), sappiano disegnare ed attuare un percorso di crescita graduale  ed armonico, che tenga conto di tutti gli aspetti  operativi, normativi, economici.

L’obiezione che un tale approccio porti maggiori costi trova in realtà una risposta nel fatto che processi di “informatizzazione” non armonizzati o principalemte effettuati sulla base del criterio del “problema contingente e della scelta del prodotto o servizio al   “minimo costo” portano spesso più danni che buoni risultati.

I migliori comportamenti permettono di non perdere opportunità

L’indagine di Symantec  denota  nell’eDiscovery una posizione italiana di ritardo rispetto alle migliori posizioni mondiali:

Media Italia

Media dei “Migliori”

Media dei  “Peggiori”

  • Adozione di un piano formale di conservazione dei dati

24%

49%

27%

  • Automatizzazione delle pratiche legali

45%

62%

38%

  • Utilizzo di uno strumento di archiviazione

38%

42%

28%

Assai preocuppante, in  un mondo dove informazioni e documenti sono o dovrebbero essere alla base della creazione e del mantenimento del valore, che solo un azienda su quattro dichiari di adottare un piano di conservazione dei dati. Inoltre è  importante osservare come, in caso di dispute internazionali, le nostre aziende possano trovarsi in media delle controparti assai meglio attrezzate e preparate, con la deprecabile possibilità per le nostre imprese di perdere occasioni pur disponendo di tutti i titoli necessari.

I tempi ed i risultati ottenuti sono importanti

Media Italia

Media dei “Migliori”

Media dei  “Peggiori”

  • Tempo medio di risposta per l’eDiscovery

7 giorni

5 giorni

14 giorni

  • Tasso di successo medio per l’eDiscovery

30%

70%

30%

Il “fattore tempo” e la capacità di recuperare ed organizzare in forma omogenea quanto è necessario sono elementi altrettanto importanti. E’ evidente che un uso armonico di un “sistema informativo documentale aziendale integrato” è fattore essenziale per evitare di arrivare oltre i limiti di tempo o con informazioni incomplete e mal organizzate.

Quando l’eDiscovery non funziona bene

Quando l’ eDiscovery  non è al meglio si subiscono delle conseguenze negative, riassunte a detta degli intervistati come nella tabella seguente:

Media Italia

Media dei “Migliori”

Media dei  “Peggiori”

  • Sanzioni del tribunale

28%

9%

40%

  • Compromissione della propria posizione giuridica

38%

25%

47%

  • Multe

41%

33%

41%

Ancora una volta, al di là di sanzioni e multe, l’aspetto più preoccupante può risultare la perdita di opportunità e di compettività che in determinate situazioni si può presentare per le nostre imprese anche in condizioni di potenziale posizione predominante.

Ma nonostante tutto ciò ….

Anche limitandosi all’eDiscovery e senza tener conto di tutti gli altri aspetti e vantaggi interni di carattere organizzativo, funzionale ed operativo, la gestone armonizzata di informazioni e documenti aziendali parrebbe indiscutibile alla luce di questi riscontri.

Tuttavia la ricerca evidenzia che quasi la metà degli intervistati  non ha predisposto alcun piano di conservazione delle informazioni e un 29% lo sta discutendo e, infine, un 19% non indica l’intenzione di svilupparlo.

Alla domanda delle ragioni di queste scelte, gli intervistati hanno risposto:

  • il 58%, mancanza di necessità;
  • il 53%, troppo costoso;
  • il 21%, non ha tempo;
  • il 21%, mancanza di esperienza.

Personalmente sono estremamente preoccupato per il 58% degli intervistati che non ne sentono la necessità.  La mancanza infatti di un senso di necessità e di una consapevolezza dell’importanza di affrontare adeguatamente questi temi  è un inevitabile presagio di quella “carenza di atteggiamento” che poi porta a considerare ogni approccio ed ogni soluzione troppo costosa, rinunciando ad affrontarla anche attraverso apporti temporanei esterni di competenze e di tempo. Insomma se ciò vien sentito come non importante per la crescita aziendale e la ricerca di nuove opportunità è inevitabile che non si dedichino il necessario tempo ed esperienze/competenze aziendali o di partner professionali esterni, apparendo tutto comunque “costoso”. Tragicamente, in questo spirto, qualunque collaborazione professionale, pur volonterosa e sinceramente mirata a ridurre  i limiti di costo, tempo ed esperienza,  risulterà comunque sempre vana e troppo distante da un sentire comune lontano da tali non rinviabili esigenze.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *