La rivoluzione nell’ impresa moderna

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cultura, organizzazione e tecnologie per il cambiamento

Dai “reparti” ai “processi”

Qualsiasi impresa, consapevolmente o meno, opera per processi.

Semplificando oltre gli ovvi feedback, relazioni e ulteriori complessità di una situazione reale, nello schema di Figura 1 un qualsiasi “atto” di produzione/vendita, per commessa o per linea di prodotto/servizio, produce risultato utile quando genera redditività complessivamente nel rapporto di fornitura/vendita verso il cliente/mercato.

figura 1

E’ evidente che anche una sola delle sottoattività può generare un cattivo rendimento dell’intera catena.

Ogni elemento della catena è altresì ovvio che sia condizionato/condizionabile dagli altri elementi, indipendentemente dalla loro vicinanza temporale e/o operativa.

Ciononostante la maggior parte delle imprese ragiona per reparti (centri di costo).

Ogni reparto ha dei propri indicatori di comportamento/prestazione commisurati non al processo complessivo ma alle sue funzioni specifiche.

Ogni reparto, attraverso il suo responsabile, è spesso limitato a una visione, responsabilità e difesa dei comportamenti legati ai propri indicatori specifici.

Il reparto non possiede la visione e l’interesse complessivi rispetto al processo nel suo insieme; il management/proprietà, che è ancora più lontano, perde ancora di più la visione di insieme, rimanendo schiavo/vittima delle rappresentazioni a ”silos” dei diversi reparti.

Ciò inoltre porta alla classica organizzazione (organigramma) gerarchica, in cui si inseriscono un’ampia serie di figure intermedie di controllo (responsabilità ?) le quali, pur continuando a non avere visione e condivisione di risultato a livello di processo (l’intera fornitura), operano principalmente come “ragionieri” del comportamento del/dei reparto/i (secondo i corrispondenti specifici indicatori), oppure, peggio, come figure al di fuori dei reparti valutati (senza la partecipazione quotidiana alle attività di essi), elaborando indicatori di sintesi e riportando all’insù nella catena gerarchica verso figure che altrimenti non avrebbero altro modo di sapere.

In tal modo si alimenta un insieme di visioni parziali, di parte, gradualmente sempre meno precise, con l’assenza o la scarsità di un comportamento condiviso (“tutti per uno e uno per tutti”) volto a mettere insieme le differenti molteplici esperienze e competenze all’unico e principale fine di soddisfare i clienti e generare maggior valore e ricchezza per tutti.

Una cattiva indicazione o rilevazione dei requisiti di commessa può generare un’opera che non soddisfa il cliente o induce problemi di post-vendita.

Una progettazione non completamente attenta ad aspetti di manutenzione, standardizzazione ecc. potrà generare problemi in fase post-vendita e di rapporto col cliente.

In entrambi i casi si sarebbe indotti a indagare per prima in prossimità del problema (post-vendita) con gli indicatori propri (ad es. n. di ticket gestiti e impegno di assistenza, redditività dei contratti di assistenza e manutenzione ecc).

Su questa strada si potrebbe essere indotti a far formazione e “miglioramenti” nel post-vendita per migliorare la capacità di gestione del cliente, oppure migliorando l’efficienza dei sistemi informatici di gestione dei ticket o inventando nuove forme di contratto di assistenza ecc. senza magari rendersi conto che con semplici cambiamenti del prodotto/fornitura molti problemi di qualità o manutenibilità potrebbero essere più facilmente evitati.

 

Insomma la “squadra” non si fa solo dicendolo ma, anche e soprattutto, rendendo evidente e constatabile a tutti i giocatori il loro indispensabile ruolo e le loro strette relazioni di azione, influenza, effetti reciproci, ai fini del risultato comune: vincere la partita e segnando più goal possibili.

Guardando” per processi …

Nella realtà un processo è caratterizzato nel suo svolgimento complessivo da indicatori legati alla caratterizzazione e misura dei sottoprocessi/attività, dei loro input e output i quali determinano una qualità e un rendimento che poi si trasmettono complessivamente a valle e a monte attraverso le relazioni di avanzamento/esecuzione, arrivando a qualificare il processo nel suo complesso.

Guardare” per processi significa identificare e descrivere, in maniera necessaria e sufficiente, il processo, individuarne gli indicatori principali e creare un’organizzazione e dei sistemi di gestione (digitali) orientati a ciò.

Se ragioniamo per processi, anziché individuare reparti e centri di costo (“silos”) saremo più facilmente portati a individuare dei “team” (le elissi tratteggiate in Figura 2), i quali sia per ragioni di condivisione di competenze/esperienze/obiettivi che per intrecci/suddivisioni operativi operano attraverso un concetto di “superteam” crescenti.

Ad esempio, con riferimento alla Figura 2, potremmo avere 2 team di progettazione, uno per la produzione su commessa e uno per le linee di prodotto, ma entrambi i team sono parte di un superteam di progettazione in cui informazioni e obiettivi sono da condividere (es. per migliorare il grado di standardizzazione di prodotti commerciali che poi possano essere anche efficacemente reimpiegabili in commesse o viceversa per trasferire esperienze di commessa verso nuove linee commerciali).

E di superteam in superteam sino al “superteam di impresa”.

figura 2

e a forme diverse di organizzazione …

Ora ci si chiederà come possa essere costruito, senza gerarchie di controllo tradizionali, un sistema organizzativo di questo genere.

Prima però occorre chiedersi cosa qualifica e consente il funzionamento di un team / superteam.

  • Conoscenza condivisa degli obiettivi comuni (di impresa, della commessa, della linea di prodotto/servizio)

  • Conoscenza e condivisione delle relazioni e dell’interdipendenza delle diverse risorse e team ai fini di un comune risultato (di impresa, della commessa, della linea di prodotto/servizio): il processo

  • Conoscenza, visibilità dello svolgimento del processo e del suo “buon funzionamento” nel suo complesso.

Ogni team opera con un complesso di competenze/esperienze adeguate (multidisciplinarità come fattore sempre più evidente in ogni attività) suddividendosi il lavoro in relazione ad esse e a una qualità complessiva misurabile sul processo.

Una figura spicca nel team: il “facilitatore”.

Egli conosce le attività del sottoprocesso, e ne prende parte a sua volta, ma è dotato di capacità empatiche atte a sostenere e unire la squadra nei momenti di difficoltà, facilitare la cooperazione all’interno del team e con altri team o superteam, come atto di reciproco supporto, quando sia necessario, nel raggiungimento del complessivo obiettivo: quello di processo.

Il “facilitatore” di un team è poi la figura più adatta ad esser parte di un superteam per recare e condividere esperienze, valutazioni e decisioni con altre figure equivalenti di altri team e superteam, ognuno dei quali avrà il suo facilitatore, via via così sino al “superteam di impresa”.

ma cosa occorre perché funzioni ? …

Culturalmente (il “facilitatore” deve facilitare ciò):

  • superamento dell’interesse particolare (motivazione che solo insieme si può ottenere il risultato, compreso un miglioramento di se stessi)

  • superamento della visione al brevissimo termine

  • fiducia negli altri, sino ad un’eventuale comprovata prova contraria

  • trasparenza e comunicatività in ottica di condivisione

  • cooperazione a fini del risultato complessivo (l’essere reciprocamente, di volta in volta, una risorsa gli uni per gli altri)

Organizzativamente

certamente i team/superteam non possono essere degli elementi che anarchicamente si autogovernano naturalmente.

Ognuno sarà caratterizzato da:

  • un insieme di competenze/esperienze

  • un dominio di azione

  • reciproca disponibilità di cooperazione con altri team

  • un facilitatore

Il facilitatore è quello che nella logica gerarchica tradizionale può essere assimilato al responsabile o al manager, in funzione del dominio di azione del team/superteam. Egli opera però secondo criteri, modalità e livello di competenze/esperienza assai differenti dall’analoga figura di un’organizzazione gerarchica tradizionale.

La remunerazione e il compenso dei collaboratori saranno correlati in maniera crescente a:

  • competenze/esperienze

  • disponibilità/capacità di cooperazione

  • dominio di azione

  • doti di facilitatore

Lo spirito d’azione basato su cooperazione e reciproco rispetto ha l’obiettivo di consentire a chiunque il rapido emergere in escalation di queste qualità, permettendo una facilitazione all’interscambio dei ruoli e alla crescita personale e complessiva dell’impresa.

La proprietà, i soci e gli azionisti, in quanto tali, risulteranno remunerati dagli eventuali maggior utili e dall’incremento patrimoniale dell’impresa e non da rendite di “posizione/ruolo” gerarchiche formali.

All’interno dei team/superteam l’atteggiamento è orientato all’obiettivo e al raggiungimento del risultato complessivo (commessa, linea di prodotto/servizio, andamento dell’impresa intera), con atteggiamento paritetico e in cui ogni facilitatore porta l’esperienza operativa dei team/superteam in cui è impegnato operativamente in facilitazione degli altri.

I dati e le informazioni non sono riportati, ma sono ereditati nei team/superteam attraverso la disponibilità digitale e la condivisione dei diversi apporti dei membri del team.

In questo clima gli errori, diventano un’occasione per comprendere le cause e migliorare i processi, qualunque possa essere l’origine, senza lasciarsi attrarre dagli effetti e dalle origini particolari in prossimità di essi (senza ricerca di “capri espiatori”, giustificazioni ecc).

Nella condivisione trasparente di informazioni e obiettivi, un’attenzione particolare dovrà però essere rivolta a particolari domini della “conoscenza aziendale” per i quali esistono elementi di riservatezza specifici (es. brevetti, particolari processi di lavorazione, ecc), sempre cercando un equilibro di comunicazione che sia in grado di motivare queste naturali e necessarie limitazioni.

Tecnologicamente

le informazioni di processo e la “conoscenza aziendale” devono essere accessibili e condivisibili in modo da supportare i valori “culturali” nell’operatività.

  • il sistema informativo aziendale diventa o è integrato a sistemi di Business Process Management o almeno di Workflow management (per guidare lo svolgimento dei processi, raccoglierne gli indicatori, visualizzare in tempo reale lo stato di esecuzione complessivo)

  • la conoscenza aziendale è accessibile agevolmente a tutti (al giusto livello di riservatezza per gli aspetti a maggior valore es. brevetti o processi di lavorazione industriale particolari ecc) attraverso:

    • sistemi di gestione documentale

    • wiki

    • idea management (social network aziendali orientati al lancio gestito di campagne di idee di miglioramento misurabili, analizzabili e premiabili)

    • project management (intesi come sistemi di gestione di progetti di commessa o linee di prodotto servizio attraverso corrispondenti processi)

    • comunicazione efficace/efficiente non vincolata a gerarchie precostituite

    • sistemi Project Lifecycle Management a supporto della progettazione

    • MES, IoT per raccolta e sintesi dell’avanzamento operativo di produzione

    • la “business intelligence” e le nuove istanze di gestione dei “big data”, la “virtual reality“, l’ “augmented reality“, l’ “Artificial Intelligence

    • ecc.

    • ecc….

Le tecnologie, tutte, digitali e non, non determinano di per é un’organizzazione o la creazione di efficienza.

Esse sono lo strumento per consentire la gestione secondo un determinato modello e per isolare quelle complessità che non possono essere semplificate oltre un certo limite (es. effettuare operazioni ripetitive, trovare più rapidamente ciò che serve, costruire modelli e visioni di sintesi poi anche navigabili analiticamente secondo livelli di dettaglio crescente ecc).

Non tutte le tecnologie disponibili sono necessarie a un’impresa, ma ve ne sono alcune che possono essere indispensabili e sono comuni alle più.

Messe le basi per una rinnovata e moderna cultura aziendale e aggiornata, su tali fondamenta, l’organizzazione in termini di efficienza ed efficacia di gestione delle complessità interne ed esterne, allora le tecnologie, necessarie sufficienti, divengono elemento essenziale di supporto e sviluppo.

Operare in modo multidisciplinare e parallelo sui fronti culturale, organizzativo e tecnologico costituisce la chiave di volta di un’equilibrato cambiamento migliorativo

In conclusione

  • L’impresa e il mondo in cui si muove è uno scenario assai complesso che richiede un approccio differente da quello dei tempi passati

  • Richiede multidisciplinarità collaborativa/cooperativa, con l’impiego di molte e diverse competenze/esperienze

  • Occorre gestire la complessità semplificando il più possibile, senza creare ulteriori complicazioni (di organizzazione, gestione e comunicazione ecc.)

  • La risposta alla complessità attraverso l’impostazione gerarchica crea complicazioni, ruoli spesso inutili, ostacoli all’operatività, perdita di informazioni e dell’obiettivo/visione complessiva

  • Occorre passare da un sistema di gestione basato su gerarchia e controllo ad uno basato su fiducia e responsabilità

  • In questo modo cambia l’approccio alla gestione degli errori e del miglioramento continuo e il concetto stesso di formazione e inserimento di nuove figure nell’impresa, entrando esse in un team dove la fase iniziale di supporto/tutoring appare come un elemento naturale del gruppo

  • anche il rapporto col mercato, clienti e fornitori, diventa più stretto, rendendoli più naturalmente parte di una filiera di condivisione e cooperazione (es. per comprenderne meglio “sentiment” e comportamenti/richieste, sviluppando programmi di pre-verifica di prodotti/servizi, lanciando campagne di idee, individuando più facilmente possibili partnership su commesse o nuovi progetti/idee ecc)

  • tutto questo, alla fin fine, è ciò che va a convergere, culturalmente, organizzativamente e tecnologicamente, verso ciò che oggi viene etichettato come smartworking, a sua volta strettamente collegato, o parte, della open innovation

Affrontare il cambiamento continuo è quindi un’azione combinata e coordinata su tre fronti:

  • culturale

  • organizzativo

  • tecnologico

Dal punto di vista culturale è auspicabile il recupero di una visione costruita sul medio-lungo termine e incentrata su un’interesse condiviso di comunità, nel nostro caso di impresa, comunque collocata in un contesto sociale e di mercato. Gli elementi di sostenibilità, sociale, ambientale ed economica si vanno sempre più a sposare tra loro, come elementi imprescindibili e di moltiplicazione del valore. Il ritorno ad una cultura dell’utilità basata sui valori della comunità anziché su quelli della dilagante cultura “finanziaria”, profitti crescenti, a qualunque costo e il prima possibile, completano il quadro.

L’azione, per essere efficace, è combinata sulle risorse umane, l’organizzazione secondo nuovi modelli e la migliore scelta e impiego degli strumenti tecnologici.

Il metodo con cui affrontare il cambiamento continuo, sia pur con flessibilità e creatività, deve essere orientato ad agire sulle cause che determinano esigenze o problemi e non sugli effetti stessi, alimentando un percorso che vada oltre al pensiero frammentato, dilagante in questi tempi, e a deleghe in bianco a soggetti esterni all’impresa.

La visione organica e modulare di se stessi potrà allora condurre a percorsi di cambiamento graduale, flessibile e più facilmente modulabili, nel tempo, agli inevitabili e frequenti imprevisti.

Un’evoluzione che appare complessa, in alcuni tratti persino utopistica, e che certamente richiede tempo per essere attuata, ma che tutti i segnali attuali indicano come la strada del futuro attualmente percepibile.

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